Non si può leggerla per troppo tempo di seguito. A mio parere, s’intende.
C’è tutto, in quelle righe. Troppa verità. Ti ci puoi ritrovare dentro così inaspettatamente da restare disorientato. Piccole meschinità, piccole bugie che ci raccontiamo ogni giorno. Amore inatteso, rubato, egoista. Quello che nel tempo di una pagina si trasforma in odio. L’implosione della famiglia. La rabbia, la delusione.
La malattia.
Lei è quel genere di scrittrice. Quella che ti fa dire, ecco qui, c’è qualcos’altro. Un salto senza ritorno, perché dopo, tornare indietro non si può. Asticella troppo alta. E tutto con quella naturalezza che, Dio mio, com’è possibile! Senza vedere l’arte, l’artificiosità, il messaggio, talvolta fin troppo forzato, ci mancano solo le luci al neon! Senza strillare, ecco lo scandalo, quello di cui scriverai sui social network.
Non serve, non serve perché è la verità a schiaffeggiarti, è quel riconoscerti tra parole, righe, piccole meschinità, piccole bugie, amore merdoso e, non dimentichiamolo, delusione e disillusione, cocenti e poi, in qualche modo, avanti.
La malattia.
“Away From Her”, film di Sara Polley tratto dal suo racconto “The Bear Came Over The Mountain”, è stato, per me, il primo incontro con lei. L’Alzheimer, la casa di riposo. Quando tra le pagine trovi quel tipo di dolore, che conosci, ricordi che la letteratura è l’unica strada possibile. Sanguini ancora, e va bene, va bene così.
Per questo non la si può leggere per troppo tempo di seguito, a mio parere s’intende.
Ma da quel momento sai di averne bisogno e la tieni lì.
La sua morte mi ha rattristata, certo, il colpo di grazia in queste righe del New York Times: “Her family announced the death, at a care home”. In una casa di riposo, come tanti, forse tutti. Soffriva di demenza negli ultimi anni. Non lo sapevo. Lo aveva scritto in quel racconto, cos’era, e io spero che fluttuasse come la protagonista, alla fine. La fine di entrambe.
Ora alla ricerca di quell’altro racconto, quello per cui ho riso, quello in cui l’amore è rivincita e tutti gli altri, il mondo intero, se ne facciano una ragione.
Grazie, Alice Munro.
