B. 2025


B. abbassò il fuoco e ascoltò il contenuto della pignatta iniziare a sobbollire.

Quando avrebbe varcato la soglia di casa, alle prime luci dell’alba, quella zuppa sarebbe stata densa al punto giusto, così lei avrebbe potuto assaporarla lentamente, seduta davanti al camino, e avrebbe sentito il sonno invadere il suo corpo a partire dalla punta degli alluci nodosi.

Amava figurarsi la serenità che avrebbe provato in quel momento, il senso di appagamento, la certezza di aver compiuto il suo dovere ancora una volta, tuttavia sapeva di non poter indugiare troppo a lungo in quei pensieri, tutta presa com’era dai preparativi e dalle preoccupazioni che l’accompagnavano in quella particolare giornata fin da quando rughe ben più sottili incorniciavano i suoi occhi.

Quando il profumo della zuppa aveva ormai invaso la casa, a B. non restava altro che decidere quale, tra i grandi scialli di lana che possedeva, l’avrebbe avvolta, proteggendola dalle intemperie. Si avviò a passo lento verso la madia in cui custodiva gli indumenti da viaggio, ma non appena sollevò il pesante coperchio di quercia, un tonfo sordo proveniente dalla porta la fece sussultare, facendoglielo sfuggire di mano.

Cinixedda[*] balzò fuori dalla cesta di vimini dove stava riposando e prese a emettere gli stessi suoni che faceva quando un uccellino si poggiava sul davanzale della finestra; B. raggiunse la porta, assai stupita di ricevere visite proprio quella sera: i suoi pochi ospiti abituali non si sarebbero mai azzardati a disturbarla prima della partenza. 

Aprì l’uscio, solo un poco, e fu investita dal gelo tagliente che annunciava l’arrivo della notte; ebbe giusto il tempo di pensare che avrebbe fatto bene a indossare lo scialle color vermiglio, intrecciato di lana caprina, che la vide, rannicchiata contro la porta, assopita, seppure tremante: una donna, vestita in abiti troppo leggeri per le temperature della montagna. Non aveva la minima idea di chi fosse.

La portò dentro casa, sollevandola con grazia, e la sistemò davanti al camino, liberandola dagli indumenti gelati che ancora le provocavano brividi; vide una bella sfumatura rubizza colorarle le guance, mentre le sistemava sulle spalle e sulle gambe una coperta di lana grezza: quando Cinixedda le si avvicinò, annusandole i capelli, la sconosciuta aprì gli occhi.

“Dove mi trovo?” chiese. Era confusa, ma non spaventata.

“Nella mia montagna” rispose B., “Ricordi come sei arrivata fin quassù?”.

“Quassù? Io ero appena tornata a casa e…”; la donna tacque, smarrita nel tentativo di ricordare.

“Hai bevuto troppo” sentenziò B., “Non negarlo!” aggiunse vedendola aprir bocca, come per protestare.

La donna sospirò. “Forse non avrei dovuto arrivare fino in fondo al terzo bicchiere” ammise, “Ma… ormai era solo acqua! Il ghiaccio si era sciolto e…”; tacque ancora.

B. mosse qualche passo verso la piccola cucina a gas, accese il fornello su cui era poggiata la caffettiera d’alluminio e, dopo qualche minuto, tornò dalla donna porgendole una tazza fumante, ricolma di liquido scuro. “Bevi e passerà” ordinò.

La donna non se lo fece ripetere due volte; dopo qualche sorso, sembrò tornare in sé.

“Sono uscita con le mie amiche, era molto tempo che non ci vedevamo. È stata una bella serata, abbiamo riso tanto. E ricordato il passato. Poi, però, quando sono tornata a casa… mentre mi cambiavo e indossavo il pigiama, mi è presa una strana malinconia e… devo essermi addormentata sul divano”.

B. aggrottò le folte sopracciglia, nascoste dalla massa informe dei capelli screziati d’argento. Nei suoi lunghi anni le era capitato di visitare delle persone durante il loro sonno, ma mai, mai era accaduto che qualcuno si presentasse da lei in quel modo.

“Non ho molto tempo per te, cara. Mi sto preparando per un lungo viaggio” annunciò piuttosto bruscamente.

“Oh… anch’io! Ecco, non è un vero viaggio, ma è l’inizio di qualcosa di nuovo, di diverso…  mi sono preparata, l’ho desiderato tanto, ma… ora ho paura” ammise ancora la donna, quasi stupendosi della propria sincerità.

Cinixedda si avvicinò a B. e prese a darle qualche lieve testata sul dorso della mano.

“Ho capito, ho capito…” mormorò lei, poi puntò i piccoli occhi azzurri sulla sua ospite e le sorrise: “Senti questo profumo?” chiese, “La zuppa sarà pronta quando avrò terminato il viaggio. Te ne offrirò una ciotola, se per allora vorrai tornare a trovarmi. Mi racconterai come hai affrontato il percorso per cui ti sei preparata”

“Si… si, mi piacerebbe molto!” rispose la donna, “Ti racconterò tutto e rideremo delle preoccupazioni che ci hanno afferrate prima della partenza!”.

B. annuì. Si alzò e mise Cinixedda sul grembo della sua ospite: il manto grigio della gatta risaltava sulla coperta bianca, come fosse un ricamo. La donna la accarezzò: “Non vedo l’ora che succeda”, mormorò sbadigliando.

“Ma sarà questo il momento che davvero ti scalderà il cuore, come il fuoco del camino, quando riaffiorerà nei tuoi ricordi” sussurrò B.; poi, tornò alla madia di quercia, prese lo scialle vermiglio e trovò protezione tra le sue pieghe: “Cinixedda, spetta a te ricondurre a casa la nostra ospite”.

La gatta, per tutta risposta, sbadigliò.

B. si preparò a spiccare il volo. Sentiva legno e frasche fremere, fuori dalla porta: i doni di inizio anno erano pronti: per chi ne aveva bisogno, per chi li meritava, per chi non li avrebbe mai compresi.

Intanto lei aveva già consegnato il primo.

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[*] Cenerina; da cinixu, cenere.

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. Avatar di maxilpoeta maxilpoeta ha detto:

    Bellissimo questo racconto 👏👏👏👏👏👏👏👏👏

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    1. Avatar di Lorella_Co Lorella_Co ha detto:

      Grazie Max, sono felice che lo abbia apprezzato ☺️

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  2. Avatar di wwayne wwayne ha detto:

    “Non ho tempo per te” è una delle frasi più crudeli che si possano dire a una persona. Significa dirle che non è meritevole del nostro tempo, e quindi svilirla in maniera più brutale che mai.

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