Vedere il tempo

   Chiara attraversò la strada per cercare un po’ di refrigerio.

   In quel lato di via P. gli alberi proiettavano qualche ombra pietosa sul marciapiede: era l’inizio di un giugno già arso dall’estate, che inclemente era esplosa su Cagliari. Con la stessa impertinenza di quella stagione fuori tempo, Riccardo l’aveva chiamata la sera prima e le aveva annunciato di essere tornato in città.

   “Sto svuotando la casa”, aveva detto, “Vieni a trovarmi?”

   Gli aveva riso in faccia, proprio in faccia, anche se dal cellulare.

   “Certo, ci sarò. Ma scordati che ti aiuti a fare gli scatoloni”

   Così eccola lì, ad arrancare in via P. sotto il sole. Un po’ accelerava il passo, un po’ lo rallentava, perché i pensieri leggeri e quelli pesanti si alternavano in testa e dettavano il ritmo del cammino.

   Lei e Riccardo non si erano mai veramente persi in tutti quegli anni, uno sguardo discreto, talvolta affettuoso, talvolta carico di rabbia, li aveva sempre tenuti uniti, anche se da lontano.   

   Doveva andare così, allo stesso modo in cui, ora, dovevano rivedersi. Senza troppe spiegazioni inutili.

   Non appena arrivò alla palazzina color amaranto, Chiara prese un respiro profondo e imboccò il cancelletto che immetteva nel giardino: la vernice verde smeraldo era scrostata, così come la ricordava. Da quando Riccardo era partito, lei aveva smesso di frequentare quella zona della città, come se le strade si fossero arrotolate su se stesse e fossero finite nello stradario di Bologna, Torino o chissà dove. Troppi ricordi da affrontare, a passare lì, troppe storie da ripercorrere. Non l’amore, sia chiaro. Loro non erano mai stati amanti, quindi quel genere di amore NO.

   Lo vide, all’improvviso, mentre era persa in quelle sciocche elucubrazioni: l’ascensore esterno.

   La cabina, tutta trasparente, si arrampicava dall’ingresso, e su e su, lungo la parete est della palazzina color amaranto, fino al settimo piano, l’ultimo.

   Era terribile, un pugno in un occhio. Si sentì a disagio, quasi come avesse le vertigini, e distolse lo sguardo.

   Riccardo le aprì la porta sorridendo.

   “Hai il fiatone!” esclamò, “Sette piani a piedi, perché non hai preso l‘ascensore?”

   Anche Chiara sorrise e cominciò a dirgli che quella specie di cabina in plexiglass era orripilante, che storpiava la facciata del palazzo e bla e bla; lui rise di gusto ad ascoltarla, poi le spiegò che ormai nel condominio abitavano per lo più persone anziane, perciò l’ascensore si era reso necessario. Quindi prese a raccontarle che l’appartamento era stato affittato e che i nuovi inquilini si sarebbero trasferiti lì in luglio, dunque…

   Dunque, si, Chiara ascoltava Riccardo, stava dicendo che suo padre era tornato a vivere nel paesino d’origine, in campagna, e gli aveva chiesto di occuparsi della faccenda dell’affitto; ecco, ora stava raccontando che i nuovi inquilini avevano la loro mobilia, dunque nel giro di quelle poche settimane Riccardo avrebbe dovuto svuotare la casa, che gran casino!, perciò aveva preso qualche settimana di ferie. Lo ascoltava Chiara, avrebbe potuto ripetere le sue parole, se lui glielo avesse chiesto, ma intanto, intanto non riusciva a non pensare a quanto fosse bello, maledetto Riccardo.

   Non come un attore o chissà che, negli anni non era cambiato molto in effetti, ma a guardarlo da vicino lei ricordò tutto, ricordò perché tra loro era così, forse dipendeva dagli occhi di lui. Mentre gli porgeva la tazzina del caffè ormai vuota, Chiara lo baciò. Meglio farlo prima che lui le chiedesse della storia con F. o le raccontasse della sua convivenza con P., a Bologna, Torino o chissà dove.     

   Forse si, dipendeva proprio dagli occhi, mannaggia, che ora erano spalancati.

   Fecero l’amore senza riuscire ad arrivare in camera da letto. Quale camera da letto, poi? Chiara se lo chiese, mentre lui la spogliava. Non quella di Riccardo, dove avevano studiato per l’esame di maturità, sarebbe stato troppo strano. Ma nemmeno quella dei genitori, per carità! Si fermarono nel salone, tra il divano e il tappeto, dove una vecchia, gloriosa Play Station 1 giaceva tristemente, ormai scollegata dalla televisione.

   Lo aveva deciso lei e lui l’aveva assecondata. Perché lo avesse fatto, a Chiara non importava molto. C’era un momento, poi quello successivo. Piano, piano, piano.

   C’erano la rabbia e il piacere, la sorpresa e la vendetta.

  Quel giorno di giugno, arso dall’estate, trascorse lento. Poi il salone, immobile nella luce del tramonto, cominciò a riempirsi di risate.

   “È… strano!”

   “Cosa ci è preso?”

   “Lo so che sembra la frase di un brutto film, ma… è stato meraviglioso!”

   E giù, a ridere.

   Chiara lo lasciò mentre apparecchiava la tavola. Avevano ordinato la cena in un ristorantino là vicino, ma per l’asporto avrebbero dovuto aspettare più di un’ora, così lei si era rivestita e lo aveva salutato, bello, mezzo nudo, un po’ imbarazzato, felice.

   Si chiuse il portone di casa alle spalle, la testa leggera.

   Si voltò e vide sul pianerottolo un’anziana signora che trafficava con un mastello della spazzatura: sembrava in difficoltà e si offrì di aiutarla. Trascinò quindi un carico di vetro e lattine nell’ascensore trasparente, fece per uscire dall’abitacolo, ma la signora le sbarrò la strada e le chiese con voce flebile di lasciare il mastello in giardino: Chiara non ebbe il tempo di spiegare che si, lo avrebbe fatto, ma avrebbe preferito scendere a piedi. La donna la ringraziò e calcò il pulsante che le fece cominciare una lenta discesa.

   Dal settimo piano, Chiara poteva vedere tutta la via P., illuminata flebilmente dai lampioni gialli.

   Forse… forse conosceva la signora che le aveva rifilato il mastello, aveva quegli occhi inconfondibili, di un azzurro scolorito… si, certamente abitava nel palazzo quando ancora lei lo frequentava, tanti anni prima.

   Quel pezzo di Cagliari, Chiara non lo aveva mai visto così dall’alto e non lo riconosceva. Dov’era finito il bar che faceva angolo con la prima traversa a destra? E l’insegna del fioraio, che stava lì, a pochi metri, sulla sinistra?

    E com’era invecchiata, poi, la signora con gli occhi vitrei, la pelle del viso raggrinzita, quella leggera zoppia alla gamba destra… e il tono di voce, così stanco, così rassegnato.

   E Cagliari, Cagliari invece, dove era finita? Quella strada, via P., e quel quartiere che ora si stava srotolando davanti ai suoi occhi dopo che Riccardo se lo era portato via, non si trovavano più nella sua città.

   Chissà, probabilmente era stato proprio a causa della donna dagli occhi vitrei che nella palazzina amaranto avevano messo quell’orribile ascensore.

   Le porte si aprirono e a fatica Chiara trascinò il mastello nel giardino, poi sgusciò fuori dal cancelletto, che al buio le apparve quasi totalmente scrostato, e prese a camminare con passo rapido sul marciapiede.

   Ecco il bar all’angolo, ecco il fioraio sulla sinistra.

  Qualche passo e Chiara si ritrovò alla fine della via P., che si apriva su una piccola piazza. Si voltò: la palazzina amaranto non c’era più, non c’era quel pezzo di città. Arrotolato e portato via, a Bologna, Torino o chissà dove.

   Quella sera, però, non era stato Riccardo a prenderselo.

  Chiara lo aveva incontrato sul pianerottolo, il tempo, e quello l’aveva accompagnata per tutta la lenta discesa, dentro l’ascensore esterno.

4 commenti Aggiungi il tuo

  1. wwayne ha detto:

    Rieccomi! A proposito di attori, qual è il tuo preferito?

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  2. Lorella_Co ha detto:

    Ciao! Mi fai una domanda proprio difficile… ti faccio qualche nome: Ralph Fiennes, Jude Law, Harrison Ford, Mads Mikkelsen, Viggo Mortensen… Kenneth Branagh, grande attore, ma lo adoro soprattutto come sceneggiatore e regista.Tra le donne Kate Winslet, Emma Thompson, Meryl Streep… ma ce ne sarebbero tantissimi/e!

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  3. wwayne ha detto:

    Jude Law ha recitato in uno dei miei film preferiti in assoluto (Ritorno a Cold Mountain), quindi mi fa molto piacere che anche tu lo apprezzi. Tuttavia, il mio attore preferito è lui: https://wwayne.wordpress.com/2020/03/01/un-uomo-coraggioso/. Piace anche a te?

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    1. Lorella_Co ha detto:

      Certo che si, lo apprezzo soprattutto perchè lo trovo molto versatile, dote in lui sottovalutata, a mio avviso.

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