Petali neri

Nina non faceva mai il pisolino pomeridiano.

Perché avrebbe dovuto dormire, dopo una mattinata trascorsa al mare e un pranzo a base di pesce arrosto e anguria? Piuttosto aveva voglia di giocare in cortile, nella speranza che Smaug, il gatto rosso dei vicini, le facesse visita, attirato dalle sardine che lei aveva abilmente trafugato da tavola e sistemato sotto i cespugli di rosmarino.

E poi quello era il momento migliore della giornata: certo, il caldo d’agosto riempiva l’aria e la nonna  tentava di incuterle terrore con la storia della mamma del Sole che sarebbe piombata su di lei con le spaventose ali nere e l’avrebbe portata via ululando, ma ormai Nina non credeva più a quei “contus” da bambini e anzi apprezzava il fatto che tutti gli adulti andassero a fare il loro riposino e le lasciassero campo libero. Non avrebbe sprecato quelle ore preziose, la casa dei nonni, nel paesino in cui la sua famiglia trascorreva una parte delle vacanze, aveva un giardino enorme, che mancava all’appartamento di Cagliari in cui viveva, così non appena tutti si ritiravano nelle loro stanze, Nina apriva la porta della cucina, sgattaiolava tra gli spaghetti di plastica multicolore della tenda, strisciava sotto la serranda quasi del tutto abbassata e conquistava il suo afoso regno per qualche ora di giochi improvvisati, storie avventurose inventate sotto la grande pianta di fico e argute chiacchiere con Smaug.

Quel pomeriggio, in particolare, il micio era  impegnato nel tentativo di distruggere il nuovo passatempo che Nina aveva confezionato per lui  con i bastoncini del ghiacciolo Lemonissimo e alcuni nastri di raso, presi in prestito dal cestino del rammendo; il vento, tanto bollente da ricordare il getto di un asciugacapelli, muoveva quello strano gingillo in un modo che Smaug trovava  assolutamente irresistibile, ma mentre Nina già pensava che avrebbe potuto legare ai nastri anche qualcuna delle piumette che uscivano dai vecchi cuscini della nonna, la sua attenzione fu attirata da uno strano petalo scuro, che fluttuava leggero nell’aria arsa e che finì col poggiarsi proprio sulla sua spalla. Provò ad afferrarlo, ma quello parve dissolversi tra le dita, che subito si macchiarono di nero, come pure la maglietta su cui il petalo si era poggiato.

Nina non ebbe il tempo di porsi troppe domande, perché sollevando lo sguardo verso il cielo vide che il vento stava trasportando una miriade di quei leggerissimi coriandoli scuri: pian piano stavano stendendo un velo nero e impalpabile sul mondo intorno a lei, vorticando nell’aria e riempiendola tanto da smorzare la luminosità del sole. All’inizio Smaug prese a inseguire quelle falde svolazzanti nel tentativo di afferrarle, ma poi finì con l’essere ricoperto di polvere scura e iniziò a starnutire; Nina allora lo prese in braccio e  corse a ripararsi sotto  le piante di limone. Rimase lì per qualche minuto, immobile, dapprima incuriosita da quello strano fenomeno che stava sconvolgendo il suo pomeriggio in un silenzio assoluto e irreale, poi allarmata, ogni minuto di più, da un presentimento, un ricordo forse, che quei petali neri, sporcandole la faccia, le braccia e le gambe, stava risvegliando nella sua mente. Smaug, che ormai non riusciva a tenere gli occhi aperti, riprese a starnutire, facendola sobbalzare: ma certo, era come nella storia della nonna! Quelle dovevano essere le ali nere della mamma del Sole, che presto avrebbero avvolto Nina e Smaug, portandoli via per sempre!

Deglutì a fatica, perché ormai sentiva i petali scuri riempirle la bocca: era una pasta polverosa e soffocante, che sapeva di bruciato. Smaug, irrequieto, le conficcò gli artigli in un braccio e Nina si rianimò: non era più una poppante, doveva almeno provare a scappare e mettersi in salvo, a casa!

Mosse qualche passo e fu investita da un ululato acuto e penetrante, che la inchiodò lì, dove si trovava. Forse era troppo tardi, ormai, per sfuggire alla mamma del Sole, quella era la sua voce  spaventosa, un crescendo rabbioso con cui chiamava a sé chiunque avesse osato sfidare suo figlio nelle ore più calde della giornata…

Accadde in una manciata di minuti: le vecchie serrande della casa si sollevarono quasi contemporaneamente e tutti i suoi familiari, con naso e bocca coperti da un fazzoletto come banditi, uscirono di corsa senza curarsi di lei: la nonna, nonostante la zoppia, si diresse a grandi falcate verso  i fili del bucato e prese a raccogliere le lenzuola, mentre gli zii si affrettarono a portare in cucina le tavole di legno su cui fichi e pomodori stavano appassendo al sole. Nina restò a osservare  quel viavai concitato fino a che i suoi genitori non la videro, quasi per caso, mentre ritiravano da uno stendino i teli del mare irrigiditi dal sale; forse la rimproverarono, ma mentre l’ululato della mamma del Sole si ripeteva all’infinito, lei riuscì a intercettare solo una parola: incendio.

Da qualche parte, sui monti vicini al paese, i boschi stavano bruciando.

Le falde di cenere erano un triste dono del vento che, ben presto, si  sarebbe fatto carico anche del fumo, acre e opprimente sul petto. Nei casi più gravi, per vastità e vicinanza al centro abitato, dal Municipio si levava l’allarme: una sirena ululava tra le vie del paese, per chiamare a raccolta vigili del fuoco e volontari e avvisare la popolazione del pericolo.

Sotto la doccia, mentre la fuliggine si scioglieva vorticando nello scarico, fu sua madre a spiegare a Nina ciò a cui aveva appena assistito. Dopo aver ripulito Smaug, lei rimase alla finestra per tutto il pomeriggio, a osservare fumo e cenere e a chiedersi dove le fiamme, appiccate di proposito o per una stupida disattenzione, stessero distruggendo i boschi.

A Punta Sebera, dove vivevano i cervi che appena una settimana prima aveva avuto la fortuna di ammirare insieme a suo padre? O a Monte Maria, vicino alla Sorgente dell’Orco, dove sua madre l’aveva portata a vedere i ciclamini selvatici appena fioriti? Forse invece, a bruciare, erano le colline attraverso cui serpeggiava la strada che ogni giorno la sua famiglia percorreva per raggiugere il mare.

Nina accarezzò la testolina di Smaug, che intanto si era addormentato sul davanzale della finestra, e pensò che a quella triste verità, in cui si era imbattuta quel giorno per la prima volta nella sua vita, avrebbe preferito un epico scontro con la mamma del Sole.

La mamma del Vento.
Illustrazione di Stefania Costa, tratta da “Il popolo delle leggende. Dizionario delle creature e dei personaggi della tradizione popolare sarda” di Bepi Vigna (Edizioni Condaghes).

4 commenti Aggiungi il tuo

  1. Luca ha detto:

    Molto bello, complimenti Lorella! 😉 Ti auguro una piacevole serata! 🙂

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    1. Lorella_Co ha detto:

      Ciao Luca! Grazie della lettura! Buona giornata a te 🙂

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      1. Luca ha detto:

        Ciao Lorella! È sempre bello e piacevole leggere i tuoi scritti! 🙂

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      2. Lorella_Co ha detto:

        È molto bello ciò che mi scrivi, grazie! Ne sono contenta!

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